Storia del tatuaggio

Tatuaggio come simbolo di ribellione

L’insieme di tutte le esperienze occidentali dell’800 mutò la visione dominante del tatuaggio che richiamava i temi classici affrontati in precedenza. Nel periodo tra il 1960 ed il 1980 si delinea un nuovo e definito uso del tatuaggio come metodo per comunicare senza parole. Una comunicazione simbolica e una nuova idea di estetica maturata in tutto il secolo confluì in quello si può definire come “periodo della ribellione”.

Nuovi orizzonti del tatauggio

Questi furono gli anni di libertà sessuale, sociale, culturale e politica. Furono, inoltre, gli anni dell’appropriazione femminile della pratica del tatuaggio, il quale acquisto un significato di ribellione e segno di identificazione di gruppi urbani. Si tende a definire questa fase anche come il periodo oscuro del tatuaggio a causa della posizione sociale emarginata dei gruppi tatuati, le cui immagini incise sulla pelle richiamavano a disegni di violenza e morte. Il nero era il colore più diffuso nell’applicazione dei tatuaggi e aveva una funzione intimidatoria: in quel periodo il tatuaggio veniva utillizato anche tra i prigionieri in segno di appartenenza ad un gruppo. I disegni avevano codici nascosti e indecifrabile per le guardie, la polizia e il personale amministrativo delle prigioni. Il disegno tatuato è stato quindi trasformato in un segno di appropriazione e liberazione simbolica dei corpi, in opposizione alla situazione di prigionia del carcere; il corpo stesso, ora, simboleggiava lo spazio in cui il detenuto poteva esercitare il suo diritto di libertà.

Tatuaggio in Europa negli anni ’70

Il corpo tatuato ha costituito il luogo perfetto per costruire la propria identità, favorito soprattutto dall’approvazione sociale della classe medi. Negli anni ‘60 e ‘70 del XX secolo si formarono quelli che oggi chiamiamo movimenti di protesta o sottoculture. L’influenza del modello di vita americano e la sempre maggiore autorità imposta dalla generazione che aveva vissuto la guerra provocò disappunto. Le due più famose sottoculture giovanili del periodo sono rappresentati da il movimento punk ed il movimento skinhead.

Skinhead

Il più significativo dei due movimenti in termini di modificazione corporea ed uso dei tatuaggi è il movimento skinhead. Nato in ambiente proletario a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 in Inghilterra, subì modificazioni nello stile, organizzazione ed ideali. L’aspetto che prenderemo in considerazione noi in questo caso rappresenta l’uso dei tatuaggi come simbolo identificativo del movimento. I più famosi sono il tatuaggio a forma di ragnatela sul gomito, simbolo di disoccupazione in quanto non utilizzando l’“olio di gomito”, la forza manuale nelle fabbriche, sarebbero iniziate a crescere le ragnatele sul gomito passando le giornate nei bar; nn altro tatuaggio simbolo di questa subcultura era la palla da biliardo con il numero otto, simbolo dell’ultimo uomo che resta in piedi dopo la battaglia, in difesa degli ideali.

“Sulle braccia e sulle schiene Skin vengono timbrati simboli guerreschi, che corrispondono a una visione della vita in cui viene sanzionata l’ineguaglianza tra i popoli, tra sessi, tra persone. Si esprime la voglia di incidere a pelle una fede che non subirà tentennamenti, in opposizione a un periodo di epocali scricchiolii. Si cerca, attraverso l’aggressività delle simbologie indossate con un tatuaggio, di marcare la propria estraneità rispetto ai valori condivisi, nonché, contemporaneamente, la stessa aggressività viene alimentata dall’odio (e dalla paura) che gli Skin riescono a suscitare tra la gente comune, spesso a partire dall’adozione di determinati segni sul corpo”.

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